
IL LATO ATTENTO ED UMANO DEL LICENSING
Giorgio Borzino per i 51 anni di Sabor
“L’affidabilità è la caratteristica che più ci contraddistingue”.
Risponde così Giorgio Borzino, CEO e owner di Sabor, quando gli chiediamo cosa differenzia la sua azienda rispetto ai competitor, raccontandoci di un rapporto di affidabilità nato 51 anni fa (l’anno scorso Sabor ha festeggiato il 50esimo anniversario) per servire i retailers e le loro private labels; disegnando, producendo e commercializzando abbigliamento per tutte l’età, per uomo, donna e bambino.
«Siamo un’azienda alla seconda generazione: come figli abbiamo ereditato e portato avanti gli insegnamenti e l’esempio dei nostri genitori. Io e mia sorella siamo riusciti, nel tempo, a rendere elastica e moderna la loro visione di “affidabilità”, permettendoci di stabilire un ottimo rapporto con clienti e fornitori. Per noi essere flessibili – ci spiega – ad oggi significa riuscire a personalizzare al meglio un servizio, al fine di affrontare un mercato costantemente in espansione. La nostra azienda ha come vocazione il servire i gruppi di acquisto, e noi nasciamo difatti come fornitori della grande distribuzione francese. Siamo cresciuti con loro negli anni ‘80 e quando nel ‘90 è arrivata la grande distribuzione italiana, insieme alla nascita del licensing, siamo stati capaci di soddisfare la richiesta del mercato».
É un mondo che è cambiato molto da quando lei ha cominciato.
«Il licensing negli ultimi anni ha subito un’affermazione del valore dei brand, e attualmente più che di licensing parliamo quasi esclusivamente di collaborazioni, perché capaci di portare più traffico nei negozi. Il successo del licensing oggi si sviluppa solamente in due modi: nel primo caso bisogna essere proprietari di un brand forte, come potrebbe essere Disney, che è da solo in grado di coprire in maniera trasversale tutti i canali di comunicazione, mentre nel secondo bisogna essere licenziatari di un brand particolarmente innovativo e dotato di un forte messaggio, capace di soddisfare la richiesta del mercato. Proprio per questo motivo è necessaria un’importante flessibilità grafica rispetto al prodotto ed un’ampia scelta di brand. Nel mondo dell’abbigliamento bisogna in particolar modo saper trattare i personaggi con una visione alternativa ed innovativa, permettendo loro di risultare “fashion” e di adattarsi alle tendenze del momento».
Nella moda come nel licensing, se parliamo di abbigliamento, esistono quindi dei trend.
«Certo, ad esempio nelle scorse stagioni le tendenze erano legate quasi esclusivamente al settore dell’entertainment, mentre oggi troviamo dei brand di aziende con una grande storicità, che rappresentano dei valori culturali specifici, come potrebbero essere Pringles o Morositas. La grande differenza rispetto al passato è che negli ultimi anni le tendenze si sono focalizzate molto sul cliente di riferimento; ci si è concentrati particolarmente sul target, sia per una questione di età che per un aspetto culturale. Possiamo quindi dire che, nonostante i macro trend nel nostro settore, è fondamentale l’attenzione al cliente, nel senso di individuare il brand perfetto che, trattato nel modo corretto, riesca a colpirlo in maniera efficace».
Ha senso quindi voler anticipare una tendenza?
«Più che anticipare una tendenza possiamo dire che il nostro obiettivo, e compito, è quello di essere il più specifici possibile nella proposta, riuscendo a comprendere cosa vuole il nostro cliente (B2B) ma anche cosa si aspetta di trovare il suo consumatore (B2C). Devi essere più capace di assecondare che di anticipare i comportamenti. Noi raccogliamo molte informazioni sulle licenze, conosciamo le loro performance e, riducendo il grado di rischio, riusciamo ad accompagnare i nostri clienti ad una scelta più targettizzata. Il successo di una licenza cambia a seconda del canale distributivo e al prodotto a cui si applica, quindi non sempre quello che vende bene in un format o in un’insegna specifica è altrettanto prolifico in altri canali o con altre categorie merceologiche. Per questo è importante avere, come nel nostro caso, una vasta scelta di brand in portfolio. Attualmente abbiamo circa cinquanta contratti attivi e questo ci permette di posizionare ciascun brand nel target giusto con l’obiettivo di massimizzare il sellout».
Ha sottolineato l’importanza della grafica nel prodotto. Aspetto che si sviluppa, immagino, grazie ad un team.
«Sì, come azienda abbiamo sempre investito molto nella creatività. Lavorando in un settore così competitivo, alle volte sembra quasi di partecipare ad una gara per la creazione del progetto più originale, essendo le licenze tendenzialmente non esclusive. Abbiamo un team interno di creativi che raccolgono informazioni di mercato su più fronti, tenendo sempre uno sguardo puntato sulle tendenze culturali e di moda. Per noi il compito di una giusta grafica è anche quello di permettere al cliente di riconoscersi in essa e nel capo che sta acquistando».
Come riuscite a gestire la concorrenza?
«Risposta netta: il rapporto qualità – prezzo. È una priorità per noi, ed è un iter riassumibile in poche fasi: la certificazione delle aziende produttrici, il rispetto della compliance sociale in merito alle condizioni di lavoro e il controllo in loco. Controlliamo le produzioni tramite il nostro personale, direttamente verso le fonti produttive e ci assicuriamo che i test fisici e chimici, sul prodotto, siano svolti da laboratori internazionalmente riconosciuti. Grazie alla nostra esperienza riusciamo a ridurre i rischi di un mercato d’approvvigionamento sempre instabile. Inoltre riusciamo ad adattarci alle richieste del mercato e a rendere una grafica appetibile con la gestione di un costo ragionato, soprattutto rispetto ai category killer del fast fashion. La sfida futura, ovviamente, sarà in termini di sostenibilità ambientale ».
Quali sono le vostre licenze più forti?
«Non ci sono per noi licenze più forti di altre. Siamo in realtà riconosciuti per coprire tutte le fasce d’età, e se nel licensing molti si concentrano esclusivamente sul bambino noi sviluppiamo molto anche l’adulto, riuscendo così a colpire più target di riferimento».
Tra cambiamento ed innovazione ci sono progetti per il futuro?
«Lasciamo gli annunci sui progetti commerciali, che continuiamo a sviluppare, agli altri, mentre preferiamo parlare dei progetti “umani”. Con l’azienda seguiamo un progetto charity molto importante: Mercy Home. Mia sorella Paola ha selezionato un orfanotrofio in India, uno tra quelli che godevano di un aiuto inferiore rispetto ad altri, e ci siamo preoccupati di comprare il terreno, assicurandoci che ogni mese sia rifornito con scorte di cibo. Per noi non è una questione di mera beneficenza, ma un impegno che si traduce in un aiuto solidale. Il motore alla base è piuttosto semplice: pensiamo che operando in quel territorio abbiamo anche, nel nostro piccolo, la responsabilità di migliorare il tenore di vita di chi si trova in una situazione di difficoltà. Due settimane fa invece, colpiti dalle brutalità della guerra in Ucraina, abbiamo deciso di organizzare e partecipare ad una missione. Preso un furgone abbiamo guidato verso il confine con la Polonia per donare i nostri vestiti ai rifugiati di guerra, in particolare capi per bambini e neonati che avranno come destinazione finale Leopoli. Al ritorno ci siamo fermati in un centro profughi e abbiamo portato con noi in Italia uomini, donne e bambini in fuga dal conflitto. Per quanto fatto ringrazio molto i nostri collaboratori, che hanno partecipato alla missione donando medicinali e altri prodotti di primo soccorso».
Un aiuto concreto e tempestivo.
«È stata una cosa improvvisata, ma penso che davanti a certe sofferenze non si possa rimanere indifferenti. Mi piace pensare che come azienda facciamo le cose in maniera fattuale, nella vita come nel lavoro, senza delegare ad altri, e che per questo siamo ancora qui dopo 51 anni. Credo fortemente che il più grande progetto per il futuro sia l’attenzione e la cura per l’oggi».